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Sant'Antonio da
Padova, forse secondo solo a San
Giuseppe, è il Santo più noto e amato nel mondo. Milioni di pellegrini
e devoti, provenienti da ogni parte della terra, visitano ogni anno la sua Basilica
a Padova. Non vi è chiesa al mondo che non abbia un altare, un dipinto, una
statua, un affresco, una nicchia a Lui dedicati. Per non parlare poi delle
piccole statue e dei Santini presenti in vari luoghi, prime fra tutte le
abitazioni private.
I
devoti sentono Sant'Antonio come un
potente intercessore presso Dio e come benefattore; attraverso di lui si può
intravedere il volto di Dio, come realtà concreta e tangibile della sua bontà
soccorritrice. Da Sant'Antonio promana anche il misericordioso e delicato
richiamo alla conversione e alla penitenza. Attraverso i simboli iconografici
che lo accompagnano (il giglio, il libro e Gesù Bambino) egli esprime la
Purezza e la trasparenza di vita, l'Amore tenero e disponibile e
la Parola di Dio.
Sant'Antonio si fa
compagno di viaggio nella quotidianità della vita. Non è solo un distributore
di grazie e di favori a cui ricorrere nel bisogno, è il fratello maggiore,
l'amico confidente, sempre presente e disponibile per le persone con tutti i
loro problemi, grandi e piccoli.
Sant'Antonio ha
avuto una particolare predilezione per i bambini. Tra i miracoli da lui
compiuti, quand'era in vita, più di uno riguarda proprio loro. Per questo è
invalsa la tradizione di porre i piccoli, fin dalla nascita, sotto la protezione
del Santo. A questa usanza fa
seguito quella di far indossare ai bambini l'abitino francescano per ringraziare
il Santo della protezione ricevuta e farla conoscere agli altri.
E ' questo il
gesto più caratteristico che i pellegrini compiono nella Basilica Antoniana
che, oltre ad esprimere il bisogno di un contatto concreto con il Santo, è un
gesto di fiducia e di affidamento, accompagnato dalla preghiera silenziosa del
cuore.
A focalizzare
l'attenzione sul Santo non sono tanto le sue statue o le immagini, che pure non
mancano, ma la sua stessa Tomba.
Sant'Antonio
è uno dei Santi più popolari ed amati nel mondo,
forse per il gran numero di miracoli che gli si attribuiscono, per le leggende
fiorite intorno a lui, ma probabilmente proprio per il carisma che, lui vivente,
si diffondeva alle persone che lo incontravano. Dalla Chiesa, Sant'Antonio viene
considerato come un eccezionale teologo, gran predicatore, guida dei cristiani e
taumaturgo.
Della sua vita non
si hanno che notizie piuttosto incerte, molte derivanti da agiografie
successive, che man mano si arricchivano di particolari; di sicuro si sa che
Sant'Antonio, il cui vero nome era Fernando di Buglione nacque a Lisbona
da nobile famiglia portoghese discendente dal crociato Goffredo
di Buglione, attorno all'anno 1190-1195 e che i genitori gli fecero
impartire un'educazione umanistica - a quel tempo riservata a poche persone -
nutrendo su di lui ambiziosi progetti. Ma Fernando ben presto decise di
dedicarsi a Dio, entrando a 15 anni nell'Ordine dei Canonici Regolari di
Sant'Agostino, in un convento poco fuori la sua città natale, dove rimase per
due anni, ampliando la sua già notevole cultura.
Si trasferì
successivamente a Coimbra dove pensava di poter restare isolato dal mondo
esterno, poichè egli aveva bisogno di raccoglimento, e dove sperava di
approfondire gli studi di Teologia; ma l'ambiente di quel luogo, pervaso di
mondanità e di potere, non faceva per lui che, aiutato da una straordinaria
memoria, si diede anima e corpo alle scienze umane e teologiche. A Coimbra,
probabilmente, venne ordinato sacerdote, intorno ai 25 anni ma, successivamente,
decise di lasciare l'Ordine degli Agostiniani, per entrare in quello dei
Francescani, più consono alle sue esigenze spirituali, colpito soprattutto
dalla semplicità e dalla serenità di quei frati che spesso bussavano al suo
convento per chiedere un pò di pane. Da loro si informò sulla Regola e sulla
figura di San Francesco e a loro si unì con la promessa di potersi
recare tra i saraceni, che in quel tempo perseguitavano i cristiani e che
avevano messo a morte parecchi frati francescani, ottenendo il consenso dopo
molte difficoltà. Rivestito del saio francescano, cambiò anche il nome in
quello di Antonio, stabilendosi nella piccola comunità di frati che,
rispettando il loro impegno, lo lasciarono partire per il Marocco. Una
provvidenziale malattia lo costrinse a rientrare subito in patria ma, come si
sa, "le vie del Signore sono infinite" e mentre la nave rientrava in
Portogallo, una tempesta la dirottò verso la Sicilia dove Sant'Antonio,
ospitato dai confratelli di Messina, recuperò le forze. Intanto ad Assisi stava
per svolgersi il Capitolo generale dei frati minori (1221), presieduto da San
Francesco, a cui tutti i frati erano invitati. Anche Antonio si incamminò
verso la cittadina umbra dove potè vedere ed udire il gran Santo, sia pur senza
conoscerlo, convincendosi sempre più della bontà della scelta di vita
intrapresa.
Successivamente si
recò all'eremo di Montepaolo in Romagna dove Antonio celebrava la Messa,
partecipava alle preghiere comuni e alla povera vita conventuale, senza mai
lasciar intendere la sua enorme cultura, fino a quando, nel 1222, mentre si
trovava a Forlì per un'ordinazione, non essendo presente alcun altro, dal
Superiore gli venne richiesto di prendere la parola. Fu così che le sue doti si
rivelarono in pieno e gli venne affidato dunque l'incarico di predicare nelle
piazze e nelle chiese, percorrendo l'Italia e la Francia, a partire dalla
Romagna, sempre a contatto con il popolo a cui si proponeva non solo come
predicatore, ma come confessore, insegnante, cercando di riportare sulla retta
via gli eretici (venne chiamato anche il martello degli eretici), molto
diffusi a quel tempo, in particolar modo i catari.
Qui sono
ambientati molti dei prodigi che gli vengono attribuiti, come quello della
predica ai pesci, accorsi numerosi ad ascoltare la sua parola, mentre era stato
respinto e schernito dagli eretici.
Nel 1223-24,
San Francesco, pur mancando di profonda istruzione e non volendo sprecar tempo
per lo studio a discapito della preghiera, sentiva però che era necessario un
corso di studi regolari anche per il suo Ordine e, riconoscendo la profonda
cultura di Sant'Antonio, lo incaricò di aprire una scuola di Teologia (Studium
Francescanum) che ebbe tra i Frati Minori esponenti di spicco quali san
Bonaventura e Duns Scoto.
Verso la fine del
1224, Sant'Antonio venne inviato in Francia per tentare di arginare l'eresia
degli Albigesi; fu predicatore e maestro di teologia a Montpellier, importante
centro universitario, baluardo dell'ortodossia cattolica, a Limoges assunse un
incarico di governo come custode e infine fu ad Arles per il capitolo
Provinciale dela Provenza dove, mentre Antonio teneva un sermone, apparve in
bilocazione san Francesco che aveva appena ricevuto le stigmate, che li
benedisse tutti; insegnò a Tolosa dove è ambientato un altro miracolo a lui
attribuito: quello del mulo che adorò l'Eucarestia.
Nel 1227 ritornò
in Italia, di nuovo a capo della provincia di Romagna; da lì, visitava
periodicamente tutti i suoi conventi che diventavano sempre più numerosi e, su
incarico di Papa Gregorio IX - che lo definì "Arca del Testamento"
- nel 1228 predicherà nella settimana di Quaresima. Spesso i suoi sermoni erano
dedicati a Maria, della cui Assunzione era un convinto assertore. Sembra che le
prediche furono tenute davanti ad una folla di varia provenienza e che ognuno lo
sentisse parlare nella propria lingua. Viaggerà ancora senza risparmiarsi, pur
con grande stanchezza e varie malattie che lo tormentavano (soffriva d'asma e di
idropisia), stabilendosi poi finalmente nel convento di Padova, città ricca di
commerci e industrie e molto popolosa.
A questo popolo,
si dedicherà Sant'Antonio con tutto se stesso, mettendo da parte una sua opera
dottrinale, i Sermones, in cui risaltavano i suoi temi preferiti: i
precetti della fede, della morale e della virtù, l'amore di Dio e la pietà
verso i poveri, la preghiera e l'umiltà, la mortificazione, scagliandosi contro
l'orgoglio e la lussuria, l'avarizia e l'usura di cui era acerrimo nemico. Ma
quest'opera resterà incompiuta perchè si dedicherà senza risparmio,
danneggiando anche la sua già precaria salute, alla predicazione al popolo,
lasciando anche il suo incarico di Provinciale. Intorno a lui si raccoglievano
folle mai viste che nessuna chiesa o piazza potevano contenere, per cui ci si
spostava in aperta campagna dove il Santo predicava e confessava senza sosta.
Si ricordano, in
questo periodo, due suoi interventi a favore dei cittadini: la riforma del
Codice statutario repubblicano grazie alla quale un debitore insolvente ma senza
colpa, dopo aver ceduto tutti i beni non poteva più essere anche incarcerato e
tenne testa ad Ezzelino da Romano, soprannominato il Feroce, perchè in un solo
giorno aveva fatto massacrare undicimila padovani che gli erano ostili, affinchè
liberasse i capi guelfi incarcerati.
Nel 1231, a
primavera inoltrata, Antonio decise di spostarsi in campagna, per non
distogliere i contadini dal loro lavoro e per prendersi un po' di riposo dopo il
duro impegno degli anni precedenti, trasferendosi a Camposampiero, accompagnato
da due frati, Luca Belludi e fra Ruggero, ospite del conte Tiso che gli approntò
una piccola cella su di un grande albero, dove avrebbe potuto pregare in pace;
ben presto però la notizia si diffuse e gruppi sempre più numerosi di fedeli
si radunarono sotto il noce per vedere e ascoltare Antonio. Durante questo
soggiorno una tradizione locale pone la Visione di Gesù Bambino, che
altre testimonianze collocano in Francia. Il fenomeno potrebbe anche essersi
ripetuto, viste le particolari doti del Santo.
Si racconta che
una sera Tiso, mentre si recava nella stanza del Santo, vide sprigionarsi
dall'uscio socchiuso un intenso chiarore e, pensando che si trattasse di un
incendio, spalancò la porta, ma si trovò dinanzi ad una scena inattesa: Antonio
stringeva tra le braccia Gesù Bambino. Scomparsa la visione, il Santo si
accorse della presenza del conte e lo pregò di non farne parola con nessuno.
Solo dopo la morte di Antonio, infatti, egli diffuse notizia di quello di cui
era stato spettatore.
L'unica data
certa della vita del Santo è proprio quella della sua morte, avvenuta il 13
giugno 1231. Verso mezzogiorno
Antonio fu colpito da un collasso e i confratelli accortisi della gravità della
situazione, come da suo desiderio, si accinsero a riportarlo al convento di Santa
Mater Domini, adagiandolo su un carro trainato da buoi e si incamminarono
verso Padova, ma alla periferia della città le sue condizioni si aggravarono
talmente che essi decisero di ricoverarlo nel vicino monastero di Santa Maria
de Cella (Arcella), dove viveva una comunità di Clarisse. Antonio venne
adagiato in una cella e pregò insieme agli altri frati fino all'ultimo,
cantando con un filo di voce un inno alla Vergine, rimanendo poi assorto in
contemplazione. Morì a 36 anni non compiuti. Erano circa le cinque del
pomeriggio. Si racconta che mentre stava per spirare ebbe la visione del Signore
e che al momento della sua morte, nella città di Padova, frotte di bambini
presero a correre e a gridare che il Santo era morto.
Subito dopo, il
suo corpo venne conteso tra il convento dove era spirato e quello di Santa Maria,
e si ebbero delle vere e proprie sommosse popolari, ma alla fine si giunse a un
accordo e la salma fu trasportata nella chiesa di Padova. L'arca che conteneva
le spoglie di Antonio fu collocata su colonne attraverso cui passavano le folle
dei devoti che da ogni dove andavano a rendergli omaggio e che in tal modo si
ponevano simbolicamente sotto la sua protezione. Dopo la sua deposizione si
produssero molti miracoli, alcuni documentati da testimoni.
Anche in vita
Antonio aveva operato decine e decine di miracoli quali esorcismi, profezie,
guarigioni, compreso il riattaccare una gamba recisa o un piede, rendendo
innocui cibi avvelenati, mostrandosi in vari posti contemporaneamente,
qualche volta anche con Gesù Bambino in braccio.
La sua vita, la
sua predicazione e i suoi miracoli fecero sì che Antonio venisse subito
canonizzato, dopo solo un anno dalla morte, il 30 maggio 1232, da Papa
Gregorio IX e il suo corpo venne deposto, nel 1263, in una nuova e più ampia
chiesa - che sorge vicino al convento di Santa Maria Mater Domini - che fosse in
grado di accogliere le schiere di pellegrini devoti al Santo. In
quest'occasione, venne aperto il sarcofago in cui si scoprì che la sua
lingua era rimasta intatta e S. Bonaventura da Bagnoregio, che era presente,
la mostrò alla folla con commozione, esclamando "O lingua benedetta,
che sempre hai benedetto il Signore e lo hai fatto benedire dagli altri, ora è
a tutti noto quanto merito hai acquistato presso Dio". Assieme alla
lingua, anche il mento e un dito del Santo vennero posti in vari reliquiari,
conservati nella Cappella del tesoro presso la Basilica, mentre il corpo fu
posto in una nuova cassa, sigillato e deposto nell'arca. Una seconda
ricognizione, attuata nel 1981, ha dato modo di constatare che i sigilli apposti
da S. Bonaventura nel 1263 erano ancora intatti.
Nel 1946 Pio XII ha proclamato Sant'Antonio, Dottore della
Chiesa.
(..
.. .. .. dal sito http://www.cartantica.it/
ricerca
internet effettuata da Ferdinando di Maiolo)